Gioco E Neuroscienze
- emiliemasciformazi
- 26 giu
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 30 giu

In un tempo dominato dalla performance, dalla velocità e dalla produttività, il gioco appare come un gesto controcorrente. Eppure, sempre più ricerche in ambito psicologico e neuroscientifico confermano che il gioco non è solo una faccenda da bambini, ma un bisogno profondo anche in età adulta, con benefici concreti sulla mente, le relazioni e il benessere.
Numerosi studi in psicologia dello sviluppo e neuroscienze cognitive indicano che l’attività ludica mantiene attivi i circuiti neurali della creatività, della flessibilità mentale e della socialità, anche negli adulti. Giocare, immaginare e fantasticare non sono solo atti simbolici o ricreativi: sono processi cognitivi complessi che stimolano plasticità cerebrale, empatia e capacità di problem-solving (Brown & Vaughan, 2009; Lieberman, 1977).
Secondo Schaefer & Drewes (2014), le attività ludiche condivise – come il gioco teatrale, i giochi cooperativi o i giochi di ruolo – attivano i circuiti neurali legati alla socializzazione e alla fiducia, rafforzando l’empatia e la cooperazione. Il gioco, quindi, diventa anche uno strumento relazionale potente, non solo per i bambini, ma anche per gli adulti che lavorano nella relazione educativa, terapeutica o sociale.
Gioco e neurotrasmettitori: una chimica del benessere
Durante l’attività ludica, il cervello rilascia una serie di neurotrasmettitori chiave legati al piacere, alla motivazione e alla regolazione dell’umore. In particolare:
Dopamina: viene rilasciata in risposta a esperienze gratificanti e stimola la motivazione e la curiosità. È coinvolta nei processi di apprendimento e nella costruzione della memoria a lungo termine (Panksepp, 1998).
Serotonina: associata al benessere e alla regolazione emotiva, la sua produzione può essere aumentata da giochi cooperativi e da esperienze ludiche condivise (Kringelbach & Berridge, 2010).
Ossitocina: soprannominata “l’ormone della fiducia”, si attiva soprattutto nei giochi di gruppo e nei momenti ludici affettivi, promuovendo connessione e coesione sociale (Zak, 2012).
Endorfine: il “calmante naturale” del cervello, rilasciate attraverso il movimento e il divertimento, aiutano a ridurre lo stress e aumentare il senso di gioia.
Questa chimica positiva rende il gioco un regolatore biologico potente, capace di sostenere attenzione, memoria, creatività e legame sociale.
Secondo la psicologia positiva, le attività ludiche e creative contribuiscono all’incremento di emozioni positive, al rafforzamento del senso di vitalità e alla costruzione di risorse interiori stabili (Fredrickson, 2001; Lyubomirsky, 2007). Siamo più resilienti, più presenti, più capaci di affrontare l’incertezza.
Come sottolinea Stuart Brown, medico e fondatore del National Institute for Play:
Il gioco è fondamentale per il benessere emotivo, sociale e cognitivo. La sua assenza può avere conseguenze gravi tanto negli animali quanto negli esseri umani” (Brown, 2009).
Bibliografia
Brown, S. & Vaughan, C. (2009). Play: How it Shapes the Brain, Opens the Imagination, and Invigorates the Soul. Avery.
Lieberman, J. N. (1977). Playfulness: Its Relationship to Imagination and Creativity. Academic Press.
Schaefer, C. E., & Drewes, A. A. (2014). The Therapeutic Powers of Play: 20 Core Agents of Change. Wiley.
Fredrickson, B. L. (2001). The role of positive emotions in positive psychology: The broaden-and-build theory of positive emotions. American Psychologist, 56(3), 218–226.
Lyubomirsky, S. (2007). The How of Happiness. Penguin.
Panksepp, J. (1998). Affective Neuroscience: The Foundations of Human and Animal Emotions. Oxford University Press.
Kringelbach, M. L., & Berridge, K. C. (2010). The Neuroscience of Pleasure. Trends in Cognitive Sciences, 14(11), 479–487.
Zak, P. J. (2012). The Moral Molecule: How Trust Works. Dutton.
